VISITA ALLA BASILICA
Sullo sfondo della piazza omonima c'è la Basilica di S. Maria a Pugliano, il più antico santuario della zona vesuviana; un tempo era anche uno dei più celebri di tutta la Campania. Fonti sicure ci documentano l'esistenza e la celebrità del santuario almeno a partire dall'XI secolo. La chiesa è Basilica Pontifìcia dal 1574.
Il toponimo «Pugliano » forse deriva dal greco
ampelòn (vigna, vigneto), al quale si ricollega anche il nome di «
Ampellone ». Nella forma attuale la basilica è del Cinque-Seicento, ma
della facciata originaria resta solo il bel campanile.
L'atrio a tre arcate è stato rifatto in epoca recente. Nella cella
campanaria ci sono tre splendide campane, la più grande delle quali è
al centro: pesa quattro tonnellate, fu fusa con l'offerta, da parte di
re Ferdinando II di Napoli, di 1.100 libbre d'oro e con tutti gli
oggetti in argento del "Tesoro di Pugliano", ormai deteriorati e perciò
non più in uso. Questa grande campana reca l'immagine trecentesca della
Madonna di Pugliano.
Nell'atrio, sulla parete sinistra, una lapide in latino ricorda le «
grandi indulgenze » concesse da papa Gregorio XIII nel 1579; un'altra
lapide ricorda la visita che Pio IX fece al santuario nel 1849: il papa
celebrò la Messa a Pugliano e poi regalò una pianeta riccamente
lavorata in oro.
Sulla parete esterna destra del santuario c'è un portale murato, che forse era l'antico ingresso della chiesa; nel medaglione, al centro del timpano, c'è una Madonna con Bambino, scolpita nella pietra vesuviana, di grande valore storico: è del Cinquecento e potrebbe essere una delle più antiche immagini della Vergine venerata a Pugliano. (Per vedere il portale occorre oltrepassare un cancello, che è a fianco della torre dell'orologio).
L'interno della Basilica offre una grande suggestione ed un soffuso raccoglimento. La pianta è a tre navate. Nella cupola più piccola è raffigurata la leggenda dello sbarco di San Pietro ad Ercolano, che avrebbe convertito un certo Ampellone. Nella chiesa, comunque, ci sono numerose testimonianze del culto a San Pietro.
Sull' altare maggiore,
in un'artistica edicola ricca di policromi marmi, è la trecentesca
Madonna di Pugliano, una stupenda scultura in legno.
La statua della Madonna di Pugliano rappresenta S. Maria delle Grazie.
Alla base ci sono due angeli ('500). La scultura per anni fu ricoperta
da una veste che la sfigurava e nascondeva questo autentico capolavoro
di arte popolare (locale o, comunque, campana). Solo nel 1975, in
occasione del 1° centenario dell'incoronazione, fu possibile eliminare
la veste; nella stessa occasione il capo della Vergine fu ornato con
una nuova corona, che ricalca quella sottostante di legno, a foglie
trilobate, dette « fragole angioine ». Di tutta la composizione è
davvero un capolavoro la testa: una bellissima, serena, soave testa di
regina, che non sfigura accanto ad altre rappresentazioni della Vergine
più celebri; a noi ricorda il modellato di altre statue contemporanee
di Napoli. Secondo Raffaello Causa la statua di Pugliano è il
«capostipite di un gruppo serrato, estendentesi dal Napoletano fin
negli Abruzzi ».
Ai lati dell'altare ci sono due teste marmoree di angeli; sugli
ingressi del coro notiamo due statue in marmo del '500: a sinistra San
Pietro, a destra S. Aspreno (primo vescovo di Napoli).
Nella navata centrale si ammira uno splendido pulpito barocco, in legno di noce, riccamente scolpito. È del 1685.
Nelle navate laterali
ci sono delle cappelle, quasi tutte degne di rilievo.
Nella navata destra la Cappella del Battistero è la prima.
Sull'altare domina un quadro di buona fattura, raffigurante il
Battesimo di Gesù (XVI-XVII sec.). La vasca battesimale è un antico
“labrum”, cioè « piccola vasca di marmo », adattata a battistero nel
1425: lo attesta l'iscrizione sull'orlo della vasca.
Segue la Cappella di San Gennaro. Sulla
parete sinistra è incisa la data 1631, l'anno della terribile eruzione.
L'iscrizione della parete destra ricorda che la cappella fu restaurata
nel 1906, per voto, dopo l'eruzione del Vesuvio. I due mediocri
affreschi rappresentano San Gennaro che protegge Resina e San Gennaro
che ferma la lava. Il busto del Santo nella nicchia dell'altare risale
al sec. XVII.
La Cappella di San Sebastiano fu iniziata
nel sec. XVI e completata nel 1767. L'altare risale al 1576 e fu
edificato come ex voto per lo scampato pericolo della peste dello
stesso anno. Sull'altare maggiore la tela raffigura la Vergine, San
Sebastiano e San Rocco; sui pilastri d'ingresso c'erano due statue in
legno del Cinquecento: S.Pietro e S. Aspreno (attualmente spostate nel
coro). Sulle pareti laterali, in bassorilievo, sporgono due quadrelle
molto antiche: a sinistra il Ciborio, a destra la Resurrezione.
Segue la Cappella del Crocifisso nero. Si
può ammirare sull'altare questa pregevolissima scultura in legno
(XIII-XIV sec.), forse l'opera più significativa della Basilica.
Bellissimo, in particolare, è il volto del Cristo. Nel "Catalogo della
Mostra di sculture lignee della Campania" (Palazzo reale di Napoli,
1950), si afferma che il Crocifisso di S. Lorenzo Maggiore di Napoli «
conserva il non sopito ricordo dei modelli del più antico gruppo
trecentesco napoletano (Crocifisso di Pugliano, di Cimitile, del Gesù
Vecchio, di S. Chiara e di S. Restituta) ».
Dopo la Cappella del Sacro Cuore entriamo
nella Cappella della Maddalena. Una
fascia in legno, sull'altare, reca dipinte le Teste dei dodici
Apostoli; la grande tela rappresenta la Crocifissione, sormontata da
una tela più piccola, la Deposizione di Cristo. Un eccezionale valore
storico e artistico ha la cosiddetta Madonna di Ampellone o Madonna
antica (come si ricava dalla sottostante iscrizione in latino sulla
parete destra). Fino a non molto tempo fa si credeva che fosse una
tavola bizantina del IX secolo, in realtà è una tela incollata su
legno. La composizione, rigorosamente assiale, è di una serena,
incantevole grazia. Recentemente è stata fatta l'ipotesi che la nostra
tela sia del '700 e che la tavola originaria si trovi a Napoli,
nell'Arciconfraternita « S. Maria Mater Dei » ai Miracoli.
Nella navata sinistra, dopo la Cappella della Madonna del Carmine e quella di S. Anna (rivestita di splendidi marmi), entriamo nella Cappella di S. Antonio. Murati sulla parete destra ci sono due sarcofagi pagani di marmo. Il sarcofago che poggia sul pavimento è del II sec. d. C.: nel riquadro rettangolare è una croce patente (che si allarga, cioè, alle estremità); ai lati due colonnine e due grifoni con le teste raschiate. L'altro sarcofago è del IV-V secolo: nel cerchio è una croce patente (perfettamente incisa) ed un’ iscrizione: “Crux adoranda per quam illuminatus est totus mundus. Ego Joannes Kaimaru aedificavimus” (Croce da adorare, per la quale è stato salvato tutto il mondo. Lo edificai io, Giovanni di Guaimaro » (figlio di un duca di Napoli). Sotto il cerchio sono due coefore con le teste raschiate; la lastra, che presenta delle colonne ai lati, è decorata con strigliature. I sarcofagi furono donati alla Chiesa nel sec. XI, adattati ad altari fino al sec. XVI.
L'ultima ampia cappella, costruita su un piano
rialzato rispetto al pavimento della basilica, è la Cappella dello Spirito Santo. La tela
dell'altare principale rappresenta l'ultima cena; il sovrastante
affresco raffigura la S. Trinità: è del 1791, opera del pittore
napoletano Angelo Mozzillo.
Nella cappella vi sono altri quattro altari:
1) Altare con la pala della Madonna del Rosario
(sec. XVI). Ai piedi della Vergine è dipinto un sommario panorama di
Resina nel '500 (opera, forse, di un altro pittore meno esperto): il
borgo è dominato dal Monte Somma e dal Vesuvio; un fitto bosco circonda
le case; sulla destra spicca il campanile della Chiesa di Pugliano,
diverso da quello attuale). Al centro, oltre un grande pozzo, si nota
una costruzione, detto poi Monumento dei « Colli Mozzi », che si
trovava nell'attuale Piazza Fontana; le statue acefale, però, furono
aggiunte in epoca posteriore: nella pala del Rosario le statue sono tre
(quella centrale è più alta ed è alata).
2) Altare con la tela di S. Veneranda
(sec. XVII). Sulla base, a sinistra, ritroviamo il monumento della pala
del Rosario: sul porticato a tre archi, stavolta con merli, sono i «
Colli Mozzi » (sono forse le statue dei proconsoli romani prelevate,
già senza testa, dagli scavi di Ercolano). Nel 1792 una monumentale
fontana (anch'essa scomparsa) sostituì il monumento ormai in rovina. Le
quattro statue dei « Colli Mozzi » sono nel Museo Nazionale di Napoli;
il tronco della grande Sirena di marmo che la ornava fu collocata nel
Palazzo comunale; una lapide della stessa fontana è conservata nella
sagrestia della chiesa di S. Caterina. Sul lato destro della tela di S.
Veneranda è raffigurata una sirena, lo stemma dell'antica Resina.
3) Altare di S. Massimo, detto anche
altare delle reliquie, che si dice prelevate anche dai Luoghi Santi; in
un'urna è conservato il corpo di S. Massimo che – lo attesta
un'iscrizione - fu trasportato qui nel 1655, prelevato dal cimitero di
S. Ciriaca.
4) Altare con la tela di S. Carlo Borromeo. Notevole, infine, una
scultura in legno di S. Francesco.
La Cappella dello Spirito Santo fu sede di un'antica confraternita;
sulla sinistra è l'ingresso all'Arciconfraternita della SS. Trinità.
Il Coro, dietro l'altare maggiore, è interamente di legno. Sulle pareti, in alto, ci sono grandi quadri del '700 che rappresentano episodi della vita di S. Pietro: quello sull'ingresso del coro rappresenta il battesimo, da parte di S. Pietro, del leggendario Ampellone.
La Sagrestia contiene solidi armadi di noce, che presentano colonnine e capitelli in stile composito. L'imponente opera è del '600. In alto, sulle pareti, sono sistemati numerosissimi ex voto, che attestano la celebrità del santuario fino a non molto tempo fa.
Nell'archivio della Basilica sono conservati i registri di battesimo che risalgono al 1576, anno in cui S. Maria a Pugliano fu eretta a parrocchia, l'unica, per lunghi anni, non solo di Ercolano, ma anche della vicina Portici.
Usciti dalla sagrestia, notiamo sulla parete destra, una grande lapide, che ricorda l'incoronazione della Madonna di Pugliano, decretata dal Capitolo Vaticano, ed avvenuta il 13 agosto 1875.
Il santuario, come abbiamo avuto occasione di desumere più volte, fu uno dei più noti e visitati, fin dall'antichità.
Aggiungiamo ora qualche altra notizia: nel 1076 una
nobildonna napoletana lasciava nel suo testamento « at S. Maria at
Pugnanum tari 8 ».
Alla fine del sec. XIII Carlo III lo Zoppo fece dei donativi alla
chiesa, tra i quali un prezioso messale in lettere gotiche. Il
patrimonio di S. Maria a Pugliano, composto dalle offerte dei fedeli,
da donazioni di privati e da « diritti » vari, era amministrato da
governatori laici, detti “Estauritari”. L'attività dei Resinesi aveva
come centro questo santuario: anche la « festa di ferragosto » fonde il
momento civile con quello religioso. Dal 13 al 16 agosto, infatti, si
tengono dei festeggiamenti, un tempo molto rinomati: il momento
religioso culmina con la festività dell'Assunta (alla quale,
erroneamente, si credeva fosse dedicato il santuario); il momento
civile corrisponde alla celebrazione del «Riscatto baronale », avvenuto
il 14 agosto 1699, pagando 35.333 ducati al marchese di Monteforte,
Mario Gioffredo. Ricordiamo che Resina, Torre del Greco, Portici e San
Giorgio a Cremano costituivano la cosiddetta « Baronia di Castellania
», creata dalla regina Giovanna II d'Angiò-Durazzo (morta nel 1453),
passata poi ai Carafa ed in seguito ai Caracciolo. Il riscatto
complessivo di questa vasta zona vesuviana ammontò a 104.983 ducati.
TRADIZIONI L'unica
ricorrenza che a Ercolano meriti davvero l'appellativo di tradizione è
la cosiddetta festa del 15 agosto, che più propriamente dovrebbe essere
chiamata la «Festa di ferragosto »: si svolge dal 14 al 16/17 agosto.
La festa è di origine antica e ricorda il riscatto baronale di Resina,
avvenuto il 13 agosto 1699.
Tra le varie attrazioni i fuochi d'artificio occupavano il primo posto:
un tempo erano tra i più rinomati del napoletano. Molto suggestivo era
il cosiddetto incendio del campanile di S. Maria a Pugliano.Un tempo si
sparava la "diana", una lunghissima sequenza di botti, che poco dopo
l'alba si snodava attraverso un preordinato percorso cittadino.
Le strade vengono adornate con artistiche luminarie; i marciapiedi sono invasi da mercanzie di ogni genere; è antichissima, tra le altre, l'usanza di consumare, in improvvisate tavole calde all'aperto, frattaglie, polpi lessati, zuppe di cozze o di lumache, « capunate » (pane biscottato condito con olio, cipolle, acciughe, olive, capperi, erbe aromatiche).
Parallelamente ai festeggiamenti civili si svolgono nella basilica i riti religiosi in onore della Madonna. La trecentesca statua della Vergine viene portata in solenne processione ogni venticinque anni, in concomitanza con l'Anno Santo.
Fino ai primi anni del dopoguerra si soleva
rappresentare nel periodo pasquale il “Sacrificio di Abramo” su
palcoscenici improvvisati.
Per molti anni si è affermato anche il Presepe vivente: nel giorno
dell'Epifania, attraverso le principali vie cittadine, si svolgeva una
complessa rappresentazione in costume di « Erode e i Magi ».